foreste Per la vita

Perché sono importanti le foreste

Le foreste coprono una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, oltre il 31% delle terre emerse. Una porzione di natura ineguagliabile, e oggi sempre più a rischio.

Oltre ad accogliere l'80% della biodiversità terrestre, le foreste producono cibo e sostentamento per 1,6 miliardi di persone e forniscono una grande quantità di servizi: regolano il clima, riducono il riscaldamento globale, mitigano il rischio causato dagli eventi climatici estremi (alluvioni, desertificazione, ondate di calore), e contribuiscono in generale alla salute e al benessere dell'umanità.

I boschi e le foreste sono veri e propri super-organismi, ambienti unici e dal grande valore ecologico nei quali esistono legami molto stretti tra i fattori fisici (luce, calore, elementi minerali del terreno, acqua ecc.) e gli esseri viventi (vegetali e animali). L'albero è solo una parte di questo sistema, anche se una delle più importanti. L'albero muore, mentre il bosco visto dall'esterno sembra essere perenne; apparentemente non vi sono mutamenti, ma all'interno del bosco vi è il ciclo della vita e della morte, ed il bosco ha una continua e lenta evoluzione. Ogni ecosistema ha un inizio (fase pioniera), uno sviluppo (fase giovanile), una maturità (fase climax) ed una eventuale decadenza e morte.

CHE COS'È IL BOSCO CLIMAX

Climax (= equilibrio biologico duraturo): i vegetali che vivono insieme in un determinato ambiente tendono ad assumere stati di equilibrio sempre nuovi. Questo avviene fino a quando la vegetazione non arriva a sfruttare al massimo lo spazio disponibile, la luce, l'acqua e tutto ciò che è necessario alla vita delle piante. A quel punto si avrà la vegetazione più complessa possibile, con un gran numero di individui e di specie. Ma non sarà più possibile che quella vegetazione si evolva e raggiunga altri stadi. L'equilibrio finale stabile dell'evoluzione viene definito "climax ".

Quando un bosco è "vecchio", ovvero vi sono molti alberi vetusti e non vi è l'intervento dell'uomo, si crea un equilibrio pressoché perfetto. I grandi alberi possono ospitare animali, funghi, licheni, muschi e felci; troviamo alberi morti che crollano al suolo e forniscono nutrimento per il terreno e per i molti organismi decompositori; al posto degli alberi morti si creano nuovi arbusti ed alberelli che facendosi spazio nella luce crescono "nutrendosi dei loro padri" e dei raggi del sole.

Vi sono perciò tutte le varie componenti del ciclo della vita del bosco e, se non vi sono alterazioni e perturbazioni esterne, il bosco può mantenersi in questo stato per molto molto tempo e si dice che il bosco ha raggiunto uno stadio Climax. Molte foreste vetuste, ovvero antiche e naturali, hanno raggiunto questo stadio evolutivo. Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato come una foresta in uno stadio Climax sia molto più resiliente, abbia cioè molte più capacità di sopravvivere e rigenerarsi anche dopo eventi catastrofici e adattarsi agli stessi cambiamenti climatici, rispetto a dei boschi sfruttati dall'uomo, omogenei dal punto di vista dell'età delle piante e con scarsa biodiversità vegetale.

In Italia esistono diverse tipologie di foresta, grazie alla straordinaria biodiversità vegetale del nostro paese. Infatti, pochi sanno che la nostra nazione vanta, grazie anche alla conformazione geologica e alla diversità di climi, una grande quantità di habitat diversi dal punto di vista forestale.

Si va dalle straordinarie laricete alpine, alle faggete e i castagneti appenninici, per approdare alle foreste mediterranee e alle foreste riparie, tipiche dei fiumi o delle pianure alluvionali. Vi sono poi una grande varietà di boschi che sono una via di mezzo tra gli habitat citati, così da trovare un gran numero di ecosistemi diversi.

I BOSCHI VETUSTI

Il termine "vetusto", come riportano alcuni vocabolari, significa "molto antico e perciò degno di venerazione". Lo stesso senso di venerazione che abbiamo probabilmente provato quando ci è capitato di entrare in un bosco di questo tipo.

Per "boschi vetusti" si intendono quindi i boschi che non hanno visto da molto tempo la mano dell'uomo e che presentano pertanto le caratteristiche proprie di un bosco naturale.

In Europa, a causa del plurisecolare utilizzo del territorio, le foreste primarie intatte sono praticamente scomparse, fatta eccezione per alcune piccole superfici relitte, segregate in impervie aree di montagna o in poche aree protette, che complessivamente ammontano (secondo alcune stime) ad appena il 4% di tutte le foreste europee.

In Italia, compresa la Toscana, negli ultimi 50 anni, il cosiddetto "abbandono colturale" del bosco (spesso visto solo in senso negativo da molti selvicoltori e dalla gran parte dei politici) ha prodotto in alcune zone foreste secondarie con caratteristiche molto vicine a quelle naturali, per la presenza di numerosi vecchi alberi, di abbondante necromassa (alberi morti in piedi o legno a terra) e di specie fungine, vegetali e animali caratteristiche dei boschi più evoluti, che rendono queste foreste assimilabili ai cosiddetti “boschi vetusti”, o comunque con buone probabilità di diventarlo entro alcuni anni (naturalmente se non vengono tagliate prima!).

Si stima che nel nostro Paese i boschi vetusti possano arrivare complessivamente coprire solo 160.000 ettari, cioè appena l’1,6% della superficie forestale nazionale. Il Testo Unico in materia di Foreste e di Filiere Forestali (TUFF, Decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34), grazie ad una modifica intercorsa nel 2019, riconosce l’importanza dei “boschi vetusti”, definendoli come una “superficie boscata costituita da specie autoctone spontanee coerenti con il contesto biogeografico, con una biodiversita' caratteristica conseguente all'assenza di disturbi da almeno sessanta anni e con la presenza di stadi seriali legati alla rigenerazione ed alla senescenza spontanee”, prevedendo anche la loro identificazione e tutela. Anche la Legge 30/2013, nota per aver istituito l'elenco degli alberi monumentali d'Italia, è stata modificata dal TUFF e ha ampliato l'elenco ai boschi vetusti, la cui segnalazione è compito dei Comuni e delle Regioni; questa legge contiene anch'essa una definizione di bosco vetusto, più ampia e comprensiva anche di aspetti diversi da quello strettamente forestale: "sono considerati boschi vetusti le formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate che per età, forme o dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di preminente interesse, tali da richiedere il riconoscimento ad una speciale azione di conservazione".

Al momento sono stati censiti solo alcuni (ma importantissimi) boschi vetusti all’interno dei Parchi Nazionali, grazie ad una ricerca promossa dal Ministero dell’Ambiente e realizzata dalla Società Botanica Italiana (link alla pubblicazione), mentre c'è ancora tutto da fare per il territorio esterno ai Parchi.

NON SOLO ALBERI...

Gli ecosistemi forestali, come abbiamo già detto, contengono una grande biodiversità, che non si limita alle specie vegetali, ma comprende anche ed in particolare numerose specie animali considerate in pericolo e per le quali occorre assolutamente adoperarsi in senso conservazionistico.

Basti pensare ai grandi carnivori, specie simbolo di tante battaglie WWF, come il lupo, la lince, l'orso o il gatto selvatico. Senza le vaste distese di boschi non riuscirebbero a sopravvivere o a riprodursi. Ma non ci sono solo i grandi mammiferi ad aver bisogno di foreste in buono stato di salute. Specie di uccelli come il picchio nero, il gallo cedrone, la civetta capogrosso, la cicogna nera, il torcicollo, sono fortemente condizionati dalla presenza di estese foreste con vecchi alberi vivi o morti. Anche per altre specie animali vale la stessa condizione. Anfibi come la salamandra pezzata o insetti come la Rosalia alpina o alcune specie di vespe icneumonidi trovano il loro cibo e le condizioni per riprodursi in foreste dove lo strato di humus deve essere spesso ed inalterato, dove vi sia abbondanza di legno morto e in decomposizione sul terreno e dove l'intervento umano sia assai scarso o assente. Sembrerà strano ma vi sono addirittura alcune specie di funghi e licheni che si rinvengono solo in foreste dove l'uomo entra in punta di piedi o assai di rado. È il caso della Lobaria pulmonaria, un lichene particolare, che usa il tronco di grandi alberi come supporto, cresce molto lentamente e ha bisogno di uno specifico microclima, soffrendo di conseguenza in maniera notevole per il taglio dei boschi. È il caso anche del fungo Boletus pulchrotinctus, una specie molto bella, dai colori rosati, legata ai boschi di leccio e roverella, spesso sottoposti a tagli indiscriminati con distruzione del suolo.

Abbiamo dunque capito che le foreste sono necessarie per la vita che custodiscono, nutrono e riproducono, creando una serie di inestimabili vantaggi anche per l'uomo, i cosiddetti servizi ecosistemici, come prevenire l'erosione, il dissesto idrogeologico, purificare le acque, immagazzinare il carbonio atmosferico, aumentare la fertilità del suolo, migliorare il microclima, ma molti pericoli incombono su questo patrimonio...